15 marzo, 2016

Cinema?

Sempre più spesso in questi ultimi anni, pur tra numerose ambiguità, il cinema codifica dei messaggi importanti, lascia filtrare qualche mezza verità. Si considerino due esempi: “Mission impossible 5 Rogue nation” e “Spectre”.

Ambedue le pellicole, pur conservando tracce del solito dualismo che oppone un potere “buono” ad un’entità perfettamente malvagia, superano l’ingenuo manicheismo con gli Americani kaloi kai agathoi ed i Sovietici cattivi. Anche lo stereotipo dei servizi segreti impegnati, per proteggere i cittadini, a snidare ed a neutralizzare pericolose cellule islamiche, risulta accantonato a favore di uno spaccato più realistico ed articolato. Senza dubbio entra in gioco l’esigenza di rinnovare le strategie narrative in modo da catturare il pubblico che non si accontenta di rocambolesche scene d’azione.

In “Mission: impossible Rogue nation” la C.I.A. decide di chiudere la divisione di Ethan Hunt (interpretato da un atletico Tom Cruise) e sodali, giudicandone i metodi troppo caotici ed i risultati dettati più dalla fortuna che della professionalità. Hunt, però, è in totale disaccordo e da inseguitore diventa braccato, pur di continuare le indagini sul cosiddetto "Sindacato", un gruppo di agenti addestrati e pericolosi, per lo più dichiarati morti, invece attivissimi in ogni settore del terrorismo contemporaneo.

In “Spectre” James Bond (Daniel Craig) in missione per conto di M che gli ha lasciato un video post mortem ed un compito spinoso da adempiere, sventa un attentato ed uccide Marco Sciarra, estremista legato alla Spectre, una misteriosa organizzazione criminale e tentacolare. La condotta anarchica dell’agente 007 gli aliena i favori di Gareth Mallory, il nuovo M, e di Max Denbigh, esponente del governo britannico che non vede l'ora di mandare in pensione gli agenti più attempati dell'MI6 e di sorvegliare con occhi elettronici le agenzie di tutto il pianeta. Congedato a tempo indeterminato, Bond prosegue la sua indagine contro il parere di Mallory. Con l'aiuto del fedele Q e di Moneypenny, scopre che la Spectre è capeggiata dal sadico Franz Oberhauser: è lui l'uomo dietro a tutto, è lui il megalomane da eliminare.

In entrambe le produzioni il confine fra il ruolo degli agenti e quello dei criminali è molto labile, anzi le strutture di “intelligence” tendono a diventare indistinguibili dal mondo della delinquenza e del terrorismo. Non è forse quanto avviene oggigiorno con i servizi che orchestrano atti violenti o operazioni falsa bandiera attraverso un gioco di infiltrati, spie, agenti doppiogiochisti, “manovali del terrore”, tutti dipendenti da un’unica entità mondiale?

Verosimile è pure l’ossessione - esibita soprattutto nel film “Spectre” - per la smania di controllo tipica delle sedicenti élites. Coercizione, centralizzazione e controllo (le tre malefiche C) sono i motivi ricorrenti nell’episodio della saga bondiana. Si respira a tratti un’atmosfera soffocante da Grande fratello (Orwell è anche citato), si avverte la spada di Damocle di un potere che pervade ogni cosa. Il depravato Oberhauser, che comunque gode di aderenze in alto loco, è un’adeguata sineddoche delle classi dirigenti. Il superstato mondiale rivela così la sua essenza folle e sanguinaria; è un sistema spregiudicato e feroce che, come nel rifacimento di “Total recall” con Colin Farrell, non esita a perpetrare attentati di cui sono incolpati innocenti… e questa è realtà: non è cinema.

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